mercoledì 6 giugno 2012

Imparare con i gas


IMPARARE CON I GAS

Scritto da  Andrea Saroldi
Conoscendoli direttamente, mi trovo spesso a parlare di gruppi di acquisto solidale (Gas); credo quindi che possa essere utile raccontare un po' di cosa si tratta, anche perché stanno mostrando caratteristiche evolutive interessanti.
GasAvvenire 408
(disegno di Chiostri, "Avvenire", 31 marzo 2004)

Come racconteranno i libri di storia, il primo Gas si costituisce a Fidenza (PR) nel 1994 dall'esperienza di un gruppo di famiglie alla ricerca di modi per fare la spesa che consentano di mangiare prodotti sani e allo stesso tempo sostenere le scelte dei piccoli produttori biologici. Il rapporto diretto con i produttori porta a conoscere le loro difficoltà e le loro storie e a condividere con loro un pezzo di strada. Così le famiglie si organizzano per raccogliere le richieste in modo da formare un ordine complessivo da trasmettere al produttore, per dividere poi i prodotti all'interno del gruppo dopo la consegna.
Questo modo di acquistare - oltre a qualche difficoltà organizzativa che potete immaginare - consente una lista di vantaggi che sarebbe lungo elencare. Tra tutti, è interessante come questo meccanismo di acquisto faciliti lo sviluppo di relazioni all'interno del gruppo e con i produttori. Insieme ai prodotti, le famiglie di un Gas si portano in casa anche un pezzo della storia del produttore.
Dal racconto del primo gruppo nel corso degli anni ne sono nati tanti altri, e l'esperienza si è diffusa principalmente attraverso il passaparola. Il grafico che segue riporta l'andamento negli anni del numero di gruppi censiti sul sito retegas, ma il numero effettivo è più elevato (all'incirca il doppio), perché molti gruppi non sono censiti. Sulla base di questi numeri, possiamo stimare che circa 200'000 consumatori in Italia utilizzino tramite un Gas i prodotti acquistati direttamente da diverse migliaia di produttori.

Gas Crescita 600
 (numero Gas censiti sul sito retegas nel corso degli anni)

Pur seguendo gli stessi principi, i gruppi nascono in ambienti diversi e si organizzano in modo autonomo in base alle proprie esigenze. All'interno di una enorme varietà, un Gas "tipico" è composto da circa una trentina di famiglie o persone singole, anche perché questo è un numero che consente la conoscenza all'interno del gruppo. Di solito, se il gruppo cresce troppo, si divide gemmando un nuovo gruppo; si tratta di una forma particolare di crescita di un fenomeno che si sta diffondendo tra la popolazione senza la creazione di strutture centrali.
Tipicamente, il gruppo si trova una volta al mese per discutere ed organizzare gli acquisti o le altre attività che decide di svolgere. Il gruppo si confronta sulle sue necessità, valuta di quali prodotti rifornirsi e quindi cerca e sceglie i propri produttori applicando al caso concreto i criteri generali che possiamo riassumere nella formula: piccolo, locale, solidale.
Per ogni produttore viene definito un referente all'interno del gruppo, che è la persona incaricata di tenere i contatti. Quando è il momento di eseguire l'ordine, sarà il referente a contattare il produttore per conoscere le disponibilità di quel periodo e quindi informare gli altri membri del gruppo. Ogni partecipante segnala il proprio ordine di acquisto, e questi vengono sommati per formare l'ordine complessivo trasmesso al produttore, il quale consegnerà o spedirà i prodotti secondo le modalità concordate. Il giorno stesso in cui l'ordine viene consegnato, ogni partecipante passa a ritirare la sua parte e paga il corrispettivo al referente che si occuperà poi di versare il totale al produttore.
All'interno del gruppo gli incarichi vengono per quanto possibile distribuiti tra i partecipanti secondo modalità di rapporto paritarie. Questo tipo di relazione orizzontale si ripresenta anche nei rapporti con i produttori e tra i gruppi, che naturalmente si trovano a formare delle reti per potersi aiutare reciprocamente.
La rete è una risorsa che consente l'aiuto reciproco tra gruppi, anche se provenienti da ambienti diversi. Spesso nascono reti locali, o "retine", tra i Gas della stessa zona; a livello nazionale la rete dei Gas si ritrova intorno al sitowww.retegas.org e ai convegni che vengono organizzati annualmente (l'ultimo si è svolto a L'Aquila).
In questo modo, oltre ai prodotti, anche le idee trovano un ambiente favorevole per circolare sia all'interno del gruppo che tra i gruppi e con i produttori. Si tratta di un effetto collaterale interessante: gruppi che nascono per organizzare collettivamente i loro acquisti diventano anche luoghi di apprendimento reciproco, grazie alle relazioni paritetiche e ai canali di fiducia che si vengono a creare.
Succede così che all'interno dei Gas aumenti la fiducia nella possibilità di modificare la situazione e nell'efficacia della propria azione insieme al senso di responsabilità verso la collettività, come ha evidenziato un'indagine svolta in Lombardia sui partecipati ai Gas.
Questa è forse una delle caratteristiche più preziose dei Gas: l'incontro tra persone e ambienti diversi su questioni pratiche ma con una base di valori comuni consente la maturazione di idee collettive e costituisce una forza difficile da imbrigliare.
Tanto per fare un esempio, secondo un'indagine di Coldiretti (agosto 2010), "i consumatori italiani preferiscono acquistare prodotti locali. Il 54% sceglie agroalimentare locale ed artigianale mentre solo il 12% si orienta verso le grandi marche multinazionali. All'origine di questo orientamento la qualità (29%), segue il prezzo (5%). Il prodotto locale, espressione del territorio, rappresenterebbe una garanzia maggiore per i consumatori (65%) rispetto alla reputazione offerta da un marchio industriale (13%) o di distribuzione commerciale (solo 8%)". Idee di questo tipo non sono maturate certo alla luce della pubblicità televisiva.
Possiamo farci un'idea del percorso di apprendimento che un gasista intraprende dalla mail di Sara di Torino sulla lista del suo Gas: "Io credo (come con qualcuno/a ho detto più volte) che la forma Gas di per sé non corrisponda a un modello da universalizzare ma più a un laboratorio sociale. Certamente ha degli aspetti elitari che in parte erano impliciti nei presupposti ma anche che in parte si sono rivelati per molte ragioni lungo il percorso. Però secondo me è (stato) un passaggio importante per la collettività (anche per chi non ha partecipato direttamente) per la funzione di riconnessione con i processi di produzione, i costi ambientali e umani e l'assurdo ormai raggiunto da certi circuiti assolutamente perversi. Perché non andare al mercato sotto casa, dice Giulietta? Per me non per snobbismo o purismo ma per poter introdurre una consapevolezza che aihmé i mercati stessi (e non solo i supermercati) oggi non permettono facilmente di sviluppare. Ma poi sono d'accordo che si tratti di tornare lì, per certi versi, una volta acquisiti gli strumenti, una volta che sappiamo quali domande fare e quali pressioni (e una volta che ci siamo rinforzati in un tipo di esigenza che ha dovuto aver un suo spazio protetto per maturare). Per me l'esperienza Gas è stata ed è una fonte di scoperta continua di una complessità che ignoravo nei processi di produzione e vendita e credo che i Gas, se non hanno inciso economicamente sulla GDO, abbiano però avuto il merito di avviare la costruzione di una cultura alternativa. 
E' proprio il fatto di assumersi la responsabilità dei circuiti in cui immetto i miei soldi, di sapere da dove viene quello che mangio, che impatto comporta sul piano ambientale e che mi faccia orrore indossare una maglietta o portare una borsa che è stata assemblata con lo sfruttamento del lavoro di altre persone... questo mi pare prezioso. Così il fatto di avvicinarsi a capire cosa rende difficile essere etico per un produttore, lo sperimentarsi come consumatori a offrire delle garanzie perché possa sostenere una produzione rispettosa dell'ambiente e delle persone... non mi pare un bagaglio da poco. Ora ben venga se siamo pronti ad andare oltre."
Questo è il consumo critico: farsi un sacco di domande e cercare insieme qualche risposta. Da questo radicamento nasce la possibilità per il mondo dei Gas di sviluppare idee e proposte innovative e concrete, di muoversi su strade nuove o anche di ritornare al punto di partenza con occhi diversi; ma di questo parleremo ancora.

Riferimenti
Libri
- Andrea Saroldi, "Gruppi di acquisto solidali", Ed. EMI 2001.
- Lorenzo Valera, "GAS, gruppi di acquisto solidali", Terre di Mezzo 2005.
- AA.VV., "Gasp, gruppi di acquisto solidale e partecipativo", Edizioni Punto Rosso 2009.
- Michele Bernelli e Giancarlo Marini, "L'altra spesa", Edizioni Ambiente 2010.
Articoli

I distretti di economia solidale


Approfondimento: I Distretti di Economia Solidale per un nuovo paradigma economico

Fonte:
14 Maggio 2010
I Distretti di Economia Solidale per un nuovo paradigma economico

I Gruppi di acquisto solidale e l’autoproduzione, insieme ad altre esperienze di consumo critico e in generale di economia e finanza etica, rappresentano dei tentativi di applicare gli stessi princìpi di giustizia e sostenibilità ambientale nelle varie attività economiche: produzione, distribuzione, servizi, consumo e finanza. In questo senso l’economia solidale, oltre a essere un insieme di pratiche, diventa una prospettiva di trasformazione sociale attraverso la costruzione di spazi di economia al servizio delle persone.

In questa prospettiva di costruzione a partire dall’esistente, un contributo fondamentale viene dal brasiliano Euclides Mance, autore de La rivoluzione delle reti e animatore della Rete Brasiliana di Socio-Economia Solidale. 

Mance ipotizza la transizione verso un’economia post-capitalista attraverso la creazione di reti economiche tra unità di produzione, servizi e consumo organizzate secondo le caratteristiche dell’economia solidale
L’articolazione di queste reti a livello regionale, nazionale e mondiale può costituire la base per un nuovo paradigma economico
In questo senso l’economia solidale diventa la base per la costruzione di un’economia alternativa, immaginata come una rete che si diffonde e rafforza attraverso le scelte dei consumatori che indirizzano verso la rete le risorse necessarie a sostenerla.

In Italia, le numerose realtà dell’economia solidale hanno avviato un percorso comune per ragionare su questa prospettiva di costruzione di reti di economia solidale. Dal confronto tra le diverse realtà presenti è scaturita la volontà di portare avanti la creazione di un gruppo di lavoro per la “Rete di Economie Solidali“ (RES) con l’attivazione del sito www.retecosol.org e una mailing list per scambiare le informazioni tra le persone e le realtà interessate a questo progetto. 

Che cos'è l'economia solidale


Che cos’è l’economia solidale

di Loris Asoli

7 settembre 2006 – Loris Asoli
Fonte: Bollettino Res Marche N°5 Anno 1 – 03 marzo 2005

[documento integrale]

All’interno del nostro sistema economico, che viene definito “neoliberismo capitalista”, sono sorte, da parte di alcuni settori, gruppi di imprese e consumatori, delle pratiche economiche che contraddicono il modo di essere e di operare dell’economia convenzionale e si basano su principi diversi.
Il tornaconto personale e d’impresa e l’utilitarismo non vengono posti in primo piano, come criteri guida dell’agire economico, ma si dà priorità al rispetto per l’ambiente, alle relazioni umane di equità e giustizia e al “tornaconto” sociale, cioè al “tornaconto” dell’umanità nel suo complesso.
L’Economia Solidale vuole cercare di estendere gradualmente questi principi a tutta l’economia
Vediamo intanto brevemente alcuni di questi settori che hanno fornito e forniscono lo spunto di partenza per l’economia solidale

Il commercio Equo e Solidale

Mentre nell’economia convenzionale i commercianti cercano di ottenere le merci al più basso prezzo possibile, nel settore del Commercio Equo e Solidale avviene qualcosa di sensazionale: i commercianti desiderano pagare le merci importate ad un prezzo più alto rispetto a quello del mercato. Lo fanno perché riconoscono che l’economia convenzionale crea dei meccanismi di sfruttamento delle popolazioni del “terzo” mondo e perché sempre più consumatori consapevoli non vogliono sentirsi coinvolti in queste pratiche di sfruttamento. Inoltre il Commercio Equo si basa sulle relazioni dirette, di conoscenza e di scambio, anche culturale, che vengono instaurate con i gruppi di produttori dai quali si importa. Il Commercio Equo cerca di favorire, fra le popolazioni povere, la creazione e gestione di imprese produttive solidali, che possano rendersi indipendenti dai grandi commercianti tradizionali, che cercano solo il prezzo più basso e i più alti utili. Cerca inoltre di favorire le pratiche produttive ecologiche.

Agricoltura Biologica

Anche qui l’impulso originario era basato sugli ideali e non sul tornaconto. In questo caso si voleva realizzare la “solidarietà” con la natura e fra gli uomini, si voleva non inquinare l’ambiente, le falde acquifere e i cibi con prodotti chimici nocivi e si volevano offrire dei cibi di alto valore nutritivo. Questo comportava pratiche agricole che richiedevano più impegno e lavoro, in tempi in cui non c’era ancora un mercato particolare per i prodotti così ottenuti. Si cercava inoltre anche un nuovo modo di lavorare e rapportarsi, non solo con la natura, ma anche fra gli esseri umani. Dopo che questo settore ha ottenuto successo presso i consumatori e le istituzioni, da parte di alcuni nuovi operatori, è diventato l’occasione di “fare affari” come i settori tradizionali. Tuttavia la maggior parte delle aziende attuali conserva ancora gran parte dello spirito originario.

Altre Pratiche Ecologiche

Nel campo del rispetto e della tutela dell’ambiente e della salute sono poi sorti numerosi altri settori, pratiche e soggetti come, per esempio, la Bioedilizia e Bioarchitettura, le Energie rinnovabili, le Associazioni ambientaliste, la Medicina “olistica”, l’Ecologia nei detergenti, nella cosmesi, nei tessuti, negli spazi abitativi e negli apparati elettromagnetici, l’Ecologia nella gestione dei rifiuti (recupero e riciclo). Anche tutte queste pratiche, ed altre simili, in genere, anche se non sempre, mettono in primo piano altri valori rispetto a quelli dell’utilitarismo immediato e cioè, come nell’agricoltura biologica si cerca soprattutto di realizzare prodotti e servizi non nocivi ma favorevoli alla natura, all’ambiente e all’uomo e cercando di instaurare nuovi rapporti sociali.

Cooperative Sociali

Mentre il nostro sistema economico tende ad emarginare i soggetti più deboli, basandosi sulla concorrenza e sulla lotta per la conquista del mercato, questo tipo di imprese, al contrario, cerca di valorizzare proprio i soggetti più deboli ed esclusi, riconoscendo il valore e la dignità di tutti.

Cooperazione

Mentre le imprese convenzionali sono basate sulla ricerca di un utile quanto più alto per gli imprenditori e per i soci o azionisti, nelle cooperative gli impulsi costitutivi sono quelli della cooperazione, solidarietà, equità nei rapporti di lavoro e di responsabilità dei soggetti coinvolti. I soci lavoratori delle cooperative di lavoro, per esempio, non possono ripartirsi gli utili d’esercizio, tranne che una eventuale piccola percentuale, né hanno diritti sul capitale quando fuoriescono dall’impresa, anche per pensionamento. Né hanno diritti sui capitali residui, all’eventuale cessazione dell’azienda. L’impresa cooperativa è dunque un’impresa sociale, di cui possono usufruire le nuove generazioni. Certo bisogna distinguere fra cooperative e cooperative, ma anche esse portano in sé una natura che, in alcuni aspetti, contraddice quella delle imprese convenzionali.

Cooperazione Internazionale

Anche in questo settore l’impulso genuino ed originale era quello di essere d’aiuto alle popolazioni in difficoltà, quindi ancora un impulso antiutilitaristico. Poi vari “potentati” di questo mondo hanno voluto creare anche delle imprese e associazioni di comodo, da affiancare a loro negli incontri internazionali ad alto livello (ONU, ecc), per continuare a coltivare i loro interessi particolari, con la copertura culturale di associazioni e imprese compiacenti della Cooperazione Internazionale. Tuttavia il desiderio di pervenire ad una umanità che viva nell’uguaglianza, nella solidarietà e nella fratellanza, oltre che nella libertà, rimane l’impulso corretto che fa riconoscere le organizzazioni più valide di questo settore.

Software libero

Il software libero, nel campo dell’informatica, preannuncia l’era in cui, in tutti i campi della conoscenza umana, non vi saranno più segreti e brevetti, ma le scoperte e le innovazioni saranno subito messe a disposizione di tutti e da tutti potranno essere migliorate. Anche qui è presente una pratica, la condivisione delle conoscenze, che è volta all’interesse generale e contro interessi individuali particolaristici.

Turismo Responsabile

In questo settore stanno sorgendo imprese che favoriscono un turismo basato su esperienze di incontro diretto e favoreggiamento delle popolazioni povere dei paesi con interesse turistico, senza il tramite delle grandi agenzie e strutture alberghiere di stampo occidentale e senza pratiche di “inquinamento” turistico, ma con l’interesse ad uno scambio relazionale e culturale alla pari.

Finanza Etica

Importantissimo questo settore che raccoglie intorno a sé tutti quei risparmiatori che vogliono indirizzare coscientemente il loro denaro, per favorire le persone e le aziende nei cui valori e nella cui pratica possano riconoscersi, invece di depositare il loro denaro all’ammasso presso banche che poi finanziano anche guerre, produzioni di armi, evasioni fiscali, riciclo di denaro “sporco”, imprese che sfruttano interi paesi e popolazioni,ecc.
Inoltre troviamo anche qui un criterio antiutilitaristico: mentre le banche convenzionali finanziano solo chi può dare adeguate garanzie, la finanza etica finanzia le persone e i progetti meritevoli indipendentemente da garanzie in beni e capitali.

Gruppi di Acquisto Solidale e Consumo Critico

Per favorire le produzioni ecologiche e solidali importantissimo, essenziale, è il settore del consumo. I consumatori stanno prendendo coscienza sempre più del loro potere di indirizzare la produzione con le loro scelte quotidiane di consumo. Nascono così numerose pratiche (Consumo critico, Gruppi di acquisto solidale, Bilanci di giustizia,ecc.) in cui i consumatori si organizzano, sia per attivare una coscienza di consumo più ecologica a livello individuale e familiare, sia per ostacolare imprese il cui comportamento è negativo nei riguardi dell’ambiente e delle persone e sia per favorire le imprese ecosolidali.

Le Imprese Etiche”

Fatto interessante è che tutte queste pratiche, vecchie e nuove, basate sull’adesione a certi valori, più che sul tornaconto personale, stanno “contaminando” il mondo delle imprese convenzionali. Sempre più si parla di “impresa etica”, “impresa ecosostenibile”, “impresa responsabile”, e così via, e si stabiliscono anche regolamenti a livello dell’Unione Europea o internazionali (norme ISO 14001, regolamento EMAS, ecc). Anche se spesso è la ricerca di “belletto” e di convalida sociale e commerciale che muove molte aziende in questa direzione, tuttavia queste tendenze non possono che essere viste in modo favorevole. Dalla società civile e dal mondo delle imprese produttive sorge sempre più la domanda di un’economia “altra”, sostenibile, equa, partecipativa ed ecologica. Purtroppo, alcune grosse imprese multinazionali, essendo consapevoli di questa tendenza, cercano di confondere le acque, aggiustandosi delle etichette di eticità che non competono loro.
Inoltre, finché si rimane nei meccanismi economici, finanziari, monetari, istituzionali e di potere di questo tipo di sistema è impossibile dare una vera risposta positiva alla richiesta di una economia etica e solidale.

I Criteri per le Imprese dell’Economia Etica e Solidale.

Da tutte le pratiche economiche “alternative” che abbiamo descritto si possono sintetizzare, e lo si è fatto, alcuni criteri per definire le Imprese dell’Economia Etica e Solidale. Li possiamo sintetizzare nei seguenti criteri generali:
  1. Ecologia
  2. Solidarietà e collaborazione
  3. Equità
  4. Rispetto per le persone
  5. Partecipazione (dei lavoratori alla vita e alla responsabilità dell’impresa)
  6. Responsabilità
  7. Uso sociale degli utili (in contrapposizione ai grandi accumuli individuali)
  8. Rapporti corretti con l’esterno (clienti, fornitori, istituzioni)
  9. Impegno nell’economia locale (rapporto col territorio)
  10. Disponibilità a collegarsi ed operare in rete
  11. Coltivazione del bene comune
In questa sintetica presentazione dell’Economia solidale non si scende in dettaglio su questi criteri.
C’è da dire che le imprese che abbiamo menzionato non soddisfano a tutti questi criteri contemporaneamente ma, in genere, solo ad alcuni. Per esempio le imprese che fanno agricoltura biologica soddisfano al criterio dell’ecologicità, ma non è detto che soddisfino anche agli altri. Le imprese cooperative soddisfano al criterio degli utili sociali, ma non sempre anche agli altri. Analogamente per gli altri settori. Tuttavia l’economia solidale tende a prendere gli aspetti positivi di ciascuno di questi settori e poi a sommarli insieme, cercando di favorire gradualmente lo sviluppo di imprese che soddisfano contemporaneamente a tutti i criteri.
In relazione a questi criteri si pensa anche alla possibilità di istituire un marchio per riconoscere le imprese e i prodotti dell’Economia etica e Solidale. Lo si potrà fare dopo aver creato una struttura associativa adeguata e delle normative di marchio condivise fra gli operatori del settore.

Le Reti dell’ Economia Etica e Solidale

Un fatto nuovo e interessante è quello dello sviluppo delle Reti. Mentre fino a poco tempo fa i settori sopra menzionati hanno agito più o meno separatamente, ora tendono a creare “alleanze” e “sinergie”, culturali ed economiche, al fine di rafforzarsi reciprocamente e di prendere il buono l’uno dall’altro.
Questo processo di costruzione delle reti (nazionale e locali) dell’Economia etica e solidale, in Italia è appena all’inizio, mentre in alcuni stati esteri è ad uno stadio più avanzato (esempi: Brasile, Argentina, Francia, Spagna…). Tuttavia le potenzialità della rete italiana sono, probabilmente ancora più elevate, perché nel nostro paese esiste un fitto tessuto di esperienze nei settori sopra indicati e un’apertura generale a queste tematiche.

Un nuovo sistema sociale ed economico

Il fatto più interessante è che all’interno di queste aziende e associazioni e di queste reti e distretti si incomincia a pensare non solo di stabilire dei collegamenti, ma anche di creare le basi per un vero e proprio nuovo sistema economico, alternativo a quello del capitalismo neoliberista, capace di prenderne gli aspetti positivi e di risolvere i gravissimi problemi e contraddizioni che esso genera. Questo comporta di coinvolgere sempre più persone e imprese di ogni settore in un progetto di trasformazione dal basso dell’economia complessiva.
I criteri visti precedentemente riguardano le singole imprese (la microeconomia), ma sulle basi di queste tendenze si possono stabilire alcuni criteri simili anche per il sistema economico nel suo complesso (la macroeconomia).
E cioè l’Economia solidale vuole mettere le basi per un sistema sociale ed economico che:
  • non genera disoccupazione, ma valorizza tutti i soggetti con possibilità di lavorare ed esprimere le loro potenzialità e capacità
  • non esclude e non marginalizza i più deboli, come fa l’attuale sistema, ma valorizza tutte le individualità
  • non concentra la maggior parte delle ricchezze e del potere nelle mani di pochi popoli e individui
  • è equo nella ripartizione dei redditi e delle risorse
  • ha attenzione e cura per l’ambiente naturale e conserva il pianeta in buono stato per le generazioni future
  • rispetta i diritti di tutti i popoli su tutta la terra e le diversità culturali
  • favorisce una gestione più partecipata e responsabile delle imprese e delle attività produttive
  • non concentra ed occulta le conoscenze tecniche e scientifiche, ma le mette a disposizione di tutti
  • risolve le cause dei conflitti bellici e favorisce l’avvento di un’era di pace su tutta la terra
La nascente economia etica e solidale tende anche a stabilire delle “alleanze” nell’ambito del mondo della cultura, per lo sviluppo di una cultura libera ed etica, e nell’ambito delle istituzioni (comuni, province, regioni, ecc.) per una collaborazione sul territorio.

I distretti dell’Economia Etica e Solidale

Lo sviluppo della Rete Italiana di Economia Solidale (RES) è partito da un incontro nazionale tenutosi a Vedova il 19 Ottobre 2002, promosso dalla Rete Lilliput ma aperto a tutti.
In seguito a questo incontro si è costituito un gruppo di lavoro che ha ricevuto, dall’Assemblea dell’incontro, l’incarico di elaborare una proposta per lo sviluppo della rete dell’economia Solidale in Italia. Questo gruppo, dopo vari incontri, ha elaborato un documento che indica i principi generali dell’economia solidale e propone di realizzare e sviluppare la Rete nazionale attraverso articolazioni locali definite “Distretti dell’Economia Solidale”. Sul singolo territorio si vogliono realizzare il collegamento, la sinergia e l’azione comune dei soggetti locali dell’economia solidale. Imprese produttrici, lavoratori, finanziatori e consumatori dell’economia solidale si incontrano e si alleano sul territorio per sostenere e sviluppare l’economia solidale locale e generale.
Descrizioni più ampie dei distretti dell’economia etica e solidale si possono trovare sul sito web http://www.retecosol.org. La fase realizzativa dei Distretti è ai suoi primi passi in varie parti d‘Italia, Attualmente c’è in molte parti d’Italia un gran fermento di iniziative interessanti, legate allo sviluppo dell’Economia solidale: fiere, mercati, centri commerciali, convegni, seminari, scuole, incontri e manifestazioni varie, pubblicazione di guide e altro.
Si prevede uno sviluppo abbastanza rapido di questa nuova forma di economia, soprattutto se gli enti pubblici daranno il loro contributo, come è auspicabile